sabato 1 novembre 2008

I tagli ai fondi degli atenei.



Università colpita dai tagli. Documenti alla mano i tagli più consistenti li subisce il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, per il funzionamento degli atenei, le spese di professori, ricercatori e personale non docente e per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e della ricerca scientifica.

La sforbiciata al Fondo, operata dalla Finanziaria per il 2009, fa registrare un taglio progressivo che dai 702 milioni di euro nel 2010 raggiunge nel 2011 gli 835 milioni di euro. Tutta colpa dei tagli alla tabella C della Finanziaria, legati, a partire dal 2010, alla riduzione lineare del 6,85% degli stanziamenti in ossequio al decreto Ici e a una ulteriore riduzione lineare di 30 milioni di euro imposta dal decreto Alitalia. Dati di segno negativo, dunque, in tutte le voci delle autorizzazioni di spesa: dal diritto allo studio, all'attività sportiva. In sofferenza anche le università non statali che incassano una potatura dei fondi di poco meno di 60 milioni di euro.

Oltre all'analisi dei tagli agli atenei contenuti nella Finanziaria per il 2009, c'è anche quella degli importi assegnati alla missione "Istruzione universitaria" dal disegno di legge di bilancio per il prossimo anno. Nella missione "Istruzione universitaria", divisa in 3 programmi, la dotazione è di 8.549,3 milioni di euro per il 2009, 7.844,5 milioni per il 2010 e 7.037,5 milioni per il 2011. La prima tabella, elaborata su dati del Servizio studi della Camera, nasce dal confronto tra gli importi assegnati a ogni programma con quelli del triennio successivo, dove verificare le riduzioni rispetto alle previsioni assestate di bilancio 2008, che escludono i tagli derivanti dai Dl 93/08 (Ici) e Dl 112/08 (manovra d'estate).

Le riduzioni più forti contenute nel ddl di bilancio per il 2009 sono concentrate nel programma sistema universitario e formazione post-universitaria, che scende verticalmente da poco più di 8mila milioni di euro a 6.496,5 milioni nel 2011 (meno 1.645,5 milioni di euro). Negli importi assegnati dal ddl bilancio per il diritto allo studio, dove si concentrano i fondi per borse di studio, prestiti d'onore, contributi per alloggi , residenze e collegi universitari e attività sportiva, si registra un calo che supera il 60% nel 2011 rispetto alle previsioni assestate 2008.

Fonte: Il sole 24 ore

lunedì 27 ottobre 2008

Università, il boom dei laureati precoci

Sono cresciuti in un anno del 57 per cento. La metà negli atenei di Siena e Chieti.



Tasic, un serbo di 19 anni, è finito su tutti i giornali del mondo perché, partito per l'America per studiare, ha preso la laurea e pure il dottorato in otto giorni? Noi italiani, di geni, ne abbiamo a migliaia. O almeno così dicono i numeri, stupefacenti, di alcune università. Numeri che, da soli, rivelano più di mille dossier sul degrado del titolo di «dottore». I «laureati precoci», studenti straordinari che riescono a finire l'università in anticipo sul previsto, ci sono sempre stati. È l'accelerazione degli ultimi anni ad essere sbalorditiva. Soprattutto nei corsi di laurea triennali, dove i «precoci» tra il 2006 e il 2007, stando alla banca dati del ministero dell'Università, sono cresciuti del 57% arrivando ad essere 11.874: pari al 6,83% del totale. Tema: è mai possibile che un «dottore» su 14 vada veloce come Usain Bolt? C'è di più: stando al rapporto 2007 sull'università elaborato dal Cnvsu, il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, quasi la metà di tutti questi Usain Bolt, per la precisione il 46%, ha preso nel 2006 l'alloro in due soli atenei. Per capirci: in due hanno sfornato tanti «dottori» quanto tutti gli altri 92 messi insieme. Quali sono queste culle del sapere occidentale colpevolmente ignorate dalle classifiche internazionali come quella della Shanghai Jiao Tong University secondo cui il primo ateneo italiano nel 2008, La Sapienza di Roma, è al 146˚ posto e Padova al 189˚? Risposta ufficiale del Cnvsu: «Stiamo elaborando i dati aggiornati per la pubblicazione del rapporto 2008. Comunque i dati sui laureati sono pubblici e consultabili sul sito dell'ufficio statistica del Miur». Infatti la risposta c'è: le culle del sapere che sfornano più «precoci» sono l'Università di Siena (494ª nella classifica di Shanghai) e la «Gabriele D'Annunzio» di Chieti e Pescara, che non figura neppure tra le prime 500 del pianeta. Numeri alla mano, risulta che dall'ateneo abruzzese, che grazie al contenitore unico di un'omonima Fondazione presieduta dal rettore Franco Cuccurullo e finanziata da molte delle maggiori case farmaceutiche (Angelini, Kowa, Ingenix, Fournier, Astra Zeneca, Boheringer, Bristol- Myers...), conta su una università telematica parallela non meno generosa, sono usciti nel 2007 la bellezza di 5.718 studenti con laurea triennale. In maggioranza (53%) immatricolati, stando ai dati, nell'anno accademico 2005-2006 o dopo. Il che fa pensare che si siano laureati in due anni o addirittura in pochi mesi. Quanto all'ateneo di Siena, i precoci nel 2007 sono risultati 1.918 su un totale di 4.060 «triennali»: il 47,2%. La metà.

Ancora più sorprendente, tuttavia, è la quota di maschi: su 1.918 sono 1.897. Contro 21 femmine. Come mai? Con ogni probabilità perché alla fine del 2003 l'Università firmò una convenzione coi carabinieri che consentiva ai marescialli che avevano seguito il corso biennale interno di farsi riconoscere la bellezza di 124 «crediti formativi». Per raggiungere i 148 necessari ad ottenere la laurea triennale in Scienza dell'amministrazione, a quel punto, bastava presentare tre tesine da 8 crediti ciascuna. E il gioco era fatto. Ma facciamo un passo indietro. Tutto era nato quando, alla fine degli anni Novanta, il ministro Luigi Berlinguer, adeguando le norme a quelle europee, aveva introdotto la laurea triennale. Laurea alla portata di chi, avendo accumulato anni d'esperienza nel suo lavoro, poteva mettere a frutto questa sua professionalità grazie al riconoscimento di un certo numero di quei «crediti formativi» di cui dicevamo. Un'innovazione di per sé sensata. Ma rivelatasi presto, all'italiana, devastante. Colpa del peso che da noi viene dato nei concorsi pubblici, nelle graduatorie interne, nelle promozioni, non alle valutazioni sulle capacità professionali delle persone ma al «pezzo di carta», il cui valore legale non è mai stato (ahinoi!) abolito. Colpa del modo in cui molti atenei hanno interpretato l'autonomia gestionale. Colpa delle crescenti ristrettezze economiche, che hanno spinto alcune università a lanciarsi in una pazza corsa ad accumulare più iscritti possibili per avere più rette possibili e chiedere al governo più finanziamenti possibili. Va da sé che, in una giungla di questo genere, la gara ad accaparrarsi il maggior numero di studenti è passata attraverso l'offerta di convenzioni generosissime con grandi gruppi di persone unite da una divisa o da un Ordine professionale, un'associazione o un sindacato. Dai vigili del fuoco ai giornalisti, dai finanzieri agli iscritti alla Uil. E va da sé che, per spuntarla, c'è chi era arrivato a sbandierare «occasioni d'oro, siore e siore, occasioni irripetibili». Come appunto quei 124 crediti su 148 necessari alla laurea, annullati solo dopo lo scoppio di roventi polemiche. Un andazzo pazzesco, interrotto solo nel maggio 2007 da Fabio Mussi («Mai più di 60 crediti: mai più!») quando ormai buona parte dei buoi era già scappata dalle stalle. Peggio. Perfino dopo quell'argine eretto dal predecessore della Gelmini, c'è chi ha tirato diritto. Come la «Kore» di Enna che, nonostante il provvedimento mussiano prevedesse che il taglio dei crediti doveva essere applicato tassativamente dall'anno accademico 2006-2007, ha pubblicato sul suo sito internet il seguente avviso: «Si comunica che, a seguito della disposizione del ministro Mussi, l'Università di Enna ha deciso di procedere alla riformulazione delle convenzioni» ma «facendo salvi i diritti acquisiti da coloro che vi abbiano fatto esplicito riferimento, sia in sede di immatricolazione che in sede di iscrizione a corsi singoli, nell'ambito dell'anno accademico 2006-2007».

Bene: sapete quanti studenti risultano aver preso la laurea triennale nell'ateneo siciliano in meno di due anni grazie ad accordi come quello con i poliziotti (76 crediti riconosciuti agli agenti, 106 ai sovrintendenti e addirittura 127 agli ispettori) che volevano diventare dottori in «Mediazione culturale e cooperazione euromediterranea»? Una marea: il 79%. Una percentuale superiore perfino a quella della Libera università degli Studi San Pio V di Roma: 645 precoci su 886, pari al 73%. E inferiore solo a quella della Tel.M.A., l'università telematica legata al Formez, l'ente di formazione che dipende dal Dipartimento della funzione pubblica: 428 «precoci» su 468 laureati. Vale a dire il 91,4%. Che senso ha regalare le lauree così, a chi ha l'unico merito di essere iscritto alla Cisl o di lavorare all'Aci?

Fonte: Corriere della Sera

martedì 14 ottobre 2008

Affitti alle stelle!



A Milano un posto letto in zona Brianza costa 450 euro, per una stanza singola si va da un minimo di 650 (zona Bande Nere) a un valore medio di 800 (zona Lambiate, Udine e Fiera) a un massimo di 900 (in zona Vittoria). A Firenze un posto letto costa in media 350/400 euro, una stanza circa 700. Sono i costi proibitivi che gli studenti fuori sede devono affrontare per poter frequentare l'università fuori da casa. I dati emergono dall'indagine del Sunia (Sindacato unitario nazionale inquilini assegnatari) basata sui numeri raccolti in alcune città metropolitane e in centri minori sedi di Università.

Costi e città. A Bologna, dove gli studenti si concentrano nelle zone vicine all'Università, occorrono 250/280 euro per un posto letto in una doppia, da 370 a 500 per una singola. A Roma in zone vicine alle università centrali (San Lorenzo, Piazza Bologna) vengono chiesti circa 600 euro per una stanza singola, 450 per un posto letto in una doppia. Valori solo leggermente più bassi (550 euro per una camera singola) in zone vicine alle altre Università (zona Ostiense e Cinecittà). Si risparmia soltanto se ci si sposta in zone molto periferiche: 300 euro per un posto letto e 450 una singola in zone Prenestina, Centocelle e simili. A Napoli per un posto letto occorrono 300/450 euro, per una stanza si spende dai 400 ai 600 euro, con i prezzi più alti nelle zone Policlinico, Vomero e Colli Aminei. A Bari per un posto letto occorrono 250/350 euro, almeno 350 per una singola.

Nelle città più piccole i prezzi sono più bassi in termini assoluti, ma hanno un peso maggiore nell'economia cittadina. «In queste città la forte domanda da parte di studenti ha notevolmente deformato il mercato, economicamente e socialmente - spiega la responsabile dell'ufficio studi del Sunia Laura Mariani -: i proprietari riescono a praticare alti canoni affittando un alloggio a più studenti, fenomeno che innesca un processo di aumento generalizzato anche per i residenti i quali sono espulsi da intere zone urbane. Il problema - continua Mariani - non è solo il costo alto, nella maggioranza dei casi ci sono anche tutta una serie di violazioni, clausole capestro e vessatorie con contratti non registrati senza limite di canone, alloggi privi di dotazioni minime sia impiantistiche che di qualità, modalità irregolari di accollo sugli inquilini delle spese condominiali».

Studenti stranieri. Nelle città in cui è più frequente il fenomeno degli affitti a studenti extracomunitari, come a Perugia, si registra infine un'ulteriore anomalia: l'aumento di circa il 25/30% del canone chiesto agli studenti stranieri rispetto a quanto chiesto agli italiani.

Fonte: Il Messaggero

venerdì 3 ottobre 2008

Erasmus, gli studenti stranieri bocciano l’Italia



Resiste il mito del Belpaese, ma gli studenti stranieri che arrivano in Italia con l’Erasmus bocciano l’università e i servizi che trovano nel nostro Paese. Che è soprattutto “costosissimo, incapace di garantire un alloggio a prezzi contenuti e dove l’inglese è una lingua di cui si fa a meno”.
È l’Italia vista dagli studenti Erasmus che hanno risposto ad un questionario proposto dalla free press Studenti Magazine e dall’associazione Erasmus Student network Italia. Venti domande a cui, attraverso il sito www.esn.it, hanno risposto 1500 studenti provenienti da 28 paesi diversi e afferenti a 27 diverse città italiane.
Prezzi troppo alti e università troppo confusionaria: sono i problemi piú sentiti dagli studenti stranieri all’arrivo. L’83 per cento degli intervistati dichiara di spendere di piú in Italia rispetto al proprio Paese. La voce piú costosa è al solito l’affitto (per il 69 per cento). Seguono il cibo per il 14,4 per cento e il divertimento per il 12,6. Il 4 per cento trova invece particolarmente costosi i libri.
Bocciata la qualità dell’università Italiana, che il 71 per cento degli intervistati ritiene peggiore di quella del proprio paese. Per il 39,6 per cento degli intervistati la causa principale di questa bocciatura è il pessimo stato delle strutture. Seguono la scarsità dei servizi web per il 24,4 per cento, la difficoltà nel raggiungere informazioni per il 19,5 per cento e i professori per il 16,5 per cento. Relativamente a questi ultimi, quando si chiede un confronto con quelli del proprio paese il 59 per cento non vede differenze, il 25 per cento li giudica peggiori e solo il 16 per cento li vede migliori.
Il miraggio casa: è una grande difficoltà per gli italiani, figuriamoci per gli studenti Erasmus. La casa, infatti, oltre ad essere costosa è difficile da trovare: ha avuto problemi ben il 66 per cento degli intervistati. La causa principale è il prezzo elevato (per il 37,4 per cento), seguita dalle cattive condizioni degli immobili (per il 29,1 per cento), dal razzismo dei proprietari che non affittano a stranieri (per il 20,8 per cento) e dall’assenza di un contratto (per il 12,7 per cento).
Impietoso il giudizio sull’utilizzo della lingua inglese in Italia. Appena l’1,4 per cento lo ritiene indispensabile, contro il 46,6 per cento che lo ritiene assolutamente inutile e il 53 per cento che lo ritiene utile, ma non fondamentale.
Questo quadro a tinte chiaroscure non annulla completamente il fascino dell’Italia che tuttavia viene inevitabilmente intaccato. Emerge infatti che se al momento della scelta il 97 per cento degli studenti Erasmus arriva in Italia perchè “sempre attratto dal Belpaese”. Ma alla fine del soggiorno solo il 60 per cento vi ritornerebbe ad occhi chiusi.

Fonte: Panorama

venerdì 26 settembre 2008

72 diplomati su 100 si iscrivono all'università.



Roma, 25 set. (Apcom) - Oggi, ogni 100 ragazzi diplomati, 72 si iscrivono all'università e sono più spesso le ragazze che accedono alla formazione universitaria (il 78% delle diplomate), tanto che il 57% degli iscritti all'università sono donne. Un valore molto elevato se si pensa che in Germania il 48% degli iscritti a una facoltà universitaria è costituito da donne, che rappresentano il 55% in Francia e nel Regno Unito e il 54% in Finlandia (Commissione Europea, Eurydice, Eurostat, 2005). Tra le facoltà ad indirizzo scientifico e tecnologico, ingegneria ha il maggior numero di immatricolazioni (10,5%) con il 19.9% di ragazze immatricolate, il valore minimo di presenza femminile. Sono solo una parte dei dati diffusi dal Cnr in occasione della conferenza stampa di presentazione di "Accendi la Luce sulla Scienza"svoltasi questa mattina al Planetario, relativi alle scelte dei giovani della facoltà universitaria dopo aver conseguito il diploma.

Secondo i dati, le ragazze sono, però, più brave sia nella laurea breve e che nella specialistica. Esempi emblematici sono i risultati ottenuti dalle laureate nei gruppi ingegneria e scientifico, dove le ragazze ottengono punteggi più alti (109,3 contro 107,8 dei maschi ad ingegneria e 105 contro 104 nelle lauree scientifiche) e in tempi più brevi dei loro colleghi (rispettivamente in ingegneria si laureano a 24,9 anni contro i 25,3 dei maschi e in lauree scientifiche a 29,6 anni contro i 33 dei maschi) (Almalaurea, 2007).

Purtroppo, tra i laureati sono poi veramente pochi quelli che scelgono la carriera scientifica, forse per le ragioni che lo stesso Maiani ha denunciato questq mattina nel corso della conferenza stampa. Nell'Europa a 25 i ricercatori sono il 4.7 per mille della forza lavoro, dove 1.4 per mille sono donne e 3.3 per mille uomini. L'Italia, ancora detiene il triste primato della più bassa percentuale di ricercatori con il 3.5 per mille contro l'Irlanda (8.2 per mille), l'Olanda (6.2 per mille), la Germania (5.6 per mille) e il Regno Unito (5.3 per mille) che hanno una percentuale di ricercatori superiore alla media EU.

Fonte: Apcom

venerdì 5 settembre 2008

Parte corsa alloggi, tanti affitti in "nero"



Con l’imminente inizio del nuovo anno accademico ritorna la corsa agli alloggi per gli studenti fuori sede. Ogni anno sono messe a disposizione degli studenti residenze da parte delle università, delle aziende regionali e degli istituti religiosi, variabili a seconda della disponibilità. Stando ai dati del Ministero dell’Istruzione relativi al 2007, le regioni con il più alto numero di fuorisede sono Lombardia (circa 94 mila su 200 mila totali), Lazio (circa 75 mila su 185 mila), Emilia-Romagna (circa 80 mila su 121 mila) e Veneto (circa 59 mila su 92 mila). In tutti questi casi il numero di posti letto totali messi a disposizione è nettamente inferiore a quello di chi studia fuori dalla propria regione d’origine: sono circa 10 mila per la Lombardia, circa 6.000 per l’Emilia-Romagna, 4.200 circa per il Lazio e 5.030 per il Veneto. Ci sono, poi, regioni come Valle d’Aosta e Molise, in cui non c’è alcun posto letto messo a disposizione. In nessuna delle altre regioni, inoltre, i posti letto sono sufficienti a soddisfare la domanda dei fuori sede. La conseguenza inevitabile è che si ricorre sempre più alle offerte di alloggi privati. E a riproporsi è il vecchio problema di affitti in nero e sempre più alti.

Qual è la situazione nelle regioni italiane a riguardo? In base a una ricognizione sui siti dedicati agli studenti, al vertice della classifica delle città più care c’è Roma, seguita da Milano e Firenze. Se nella Capitale il costo medio di una stanza singola è di 500 euro, variabile a seconda della zona e della metratura, a Milano e Firenze la media è di 400 euro. A seguire Bologna, che, con un costo medio (sempre in riferimento alla singola) di 350 euro, in aumento rispetto allo scorso anno, è la città universitaria più cara dell’Emilia-Romagna: città come Parma e Modena si attestano sui 300 euro. Partendo dal Nord si riscontra questa cifra anche ad Aosta, Torino, Genova, e, verso est, Verona e Venezia, mentre leggermente più economiche per chi vuole studiare sono Padova (costo medio singola 250 euro) e, in Friuli, Udine e Trieste, dove per avere una stanza singola si pagano mediamente 200-220 euro.

Se Firenze è la città universitaria più cara dopo Roma e Milano, le altre città toscane non si rivelano comunque convenienti: a Pisa e Siena il prezzo medio di una singola è di 300 euro. Più economiche sono Umbria, Marche, Abruzzo e Molise: per studiare negli atenei di Perugia, Ancona, Camerino, l’Aquila, Chieti e Campobasso occorrono mediamente 200 euro per una stanza singola. Più abbordabili si rivelano, infine, le città meridionali:se affitti un pò più alti si riscontrano a Napoli, dove il prezzo medio di una singola è di 300 euro, per le altre città si oscilla tra i 200 euro di Bari, Potenza, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e delle città universitarie delle isole (Messina, Catania, Palermo, Enna, Cagliari) e i 150 euro di Foggia e Lecce.

Fonte: Il Secolo XIX

mercoledì 27 agosto 2008

Partono i test d'ingresso per 200.000 matricole



Nelle università stanno per partire i test d'accesso alle facoltà a numero chiuso per l'anno accademico 2008/2009. Per le 200mila aspiranti matricole il calendario delle prove si aprirà mercoledì prossimo, 3 settembre, con la prova nazionale per l'ammissione a Medicina e Chirurgia, per continuare il 4 settembre con i test per Odontoiatria e Protesi dentaria, il 5 per Veterinaria e l'8 settembre per Architettura. Il 9 e il 10 settembre, infine, sarà la volta dei test per l'accesso ai corsi di laurea delle Professioni sanitarie e per quelli in Scienze della formazione primaria: in questo caso, le prove saranno stabilite dai singoli atenei e non a livello nazionale, così come accade per l'iscrizione a Scienze della comunicazione, Economia e Psicologia.
Per quanto riguarda i costi, tra iscrizione (mai sotto i 40 euro), libri ed eventuali spostamenti, le spese vanno dai 100 ai 300 euro. Naturalmente esistono società che organizzano corsi specifici, le cui tariffe, per l'area medica, arrivano a 1.700 euro per 70 ore. Più economici i corsi per altre facoltà, ma molti studenti preferiscono preparare da soli le prove, soprattutto quelle di cultura generale. Magari rispolverando i libri delle superiori, prendendo l'abitudine di leggere il giornale tutti i giorni o aiutati da iniziative come quella del nostro sito attraverso test specifici da effettuare online. Da quest'anno, inoltre, il ministero ha messo a punto uno strumento di simulazione (www.accessoprogrammato.miur.it) con il quale esercitarsi, verificare il proprio grado di competenze e anche ottenere informazioni dettagliate sullo svolgimento delle prove, attraverso un video clip che mostra come compilare i test e quali accorgimenti usare al momento della riconsegna della busta contenente i quesiti.
Istruzioni che sono contenute anche nel Dm dello scorso 18 giugno, con il quale il ministro Mariastella Gelmini ha fissato le modalità di partecipazione e i contenuti delle prove, ma anche i criteri per la tutela della privacy e la trasparenza. Più rigore, quindi, dopo lo scandalo sulle truffe nei test per Medicina che lo scorso anno coinvolse, da Nord a Sud, diversi atenei del Paese, con l'annullamento delle prove nelle sedi di Bari e Catanzaro. In quell'occasione, l'ex ministro Mussi intervenne proponendo misure per bandire dagli atenei per cinque anni gli studenti coinvolti nelle frodi, ma anche Gelmini, all'indomani del suo insediamento, ha annunciato una "revisione dei test per migliorarli e renderli più meritocratici".
Una volta superata la prova di ammissione, in molti atenei gli studenti troveranno corsi di laurea riorganizzati e con un numero di esami inferiore agli anni precedenti. Con l'anno accademico 2008/2009, infatti, partiranno le nuove lauree previste dal Dm 270/04: tetto massimo di 20 esami per la triennale e di 12 per la magistrale e almeno il 50% degli insegnamenti di ogni corso affidati a professori o ricercatori di ruolo dell'ateneo. Le nuove regole diventeranno obbligatorie per tutte le università a partire dal 2010.

Fonte: Il Sole 24 Ore

martedì 26 agosto 2008

Test d'ingresso per infermieri e tecnici



Ultime ore per accedere ai bandi per i posti nei corsi di laurea triennali delle 22 professioni sanitarie (infermieri, tecnici sanitari e della riabilitazione) per il prossimo anno accademico. Che aumentano sempre: 26.474 nel 2008-2009, il 4,1% in più rispetto al 2007-2008. Gli ultimi bandi per la richiesta di ammissione all'esame scadono infatti in alcune Università i primi giorni di settembre. Le prove poi sono fissate per tutti il 9 settembre (fanno eccezione le tre Università non statali: Milano S. Raffaele l'8 settembre, Roma Cattolica e Roma Campus biomedico il 10 settembre) e le previsioni di adesione, secondo la Conferenza dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, potrebbero sfiorare quota centomila: nel 2007-2008 erano quasi 90mila, con una media di 3,4 domande per un posto, sempre in aumento negli ultimi anni. Un boom di richieste motivato soprattutto dal fatto che il tempo medio per trovare un posto di lavoro non supera i sei mesi.
Gli esami per l'accesso alle lauree specialistiche in queste professioni, invece, per cui la laurea triennale è propedeutica, sono fissati per tutti al 28 ottobre. Per questi corsi i posti sono circa 2mila (erano 1.800 lo scorso anno), con un aumento di oltre l'11 per cento.
Le professioni più richieste sono fisioterapista e logopedista, rispettivamente a 12 e 9 domande per un posto nel 2007-2008. Seguono dietista a 8, ostetrica e tecnico di radiologia a 5, igienista dentale a 4. Le previsioni elaborate da Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza, indicano un'ulteriore crescita delle richieste per fisioterapia e per la professione di tecnico di neurofisiopatologia.
L'aumento dei posti a bando riguarda invece in particolare la professione di infermiere in alcune Università: Bari da 506 a 774, Cagliari da 120 a 211, Messina da 500 a 525, Napoli seconda Università da 340 a 370, Perugia da 202 a 253, Roma Sapienza 1 da 1.569 a 1.683, Torino da 720 a 745, Vercelli da 400 a 440 e Verona da 663 a 683. E si auspica ora per questa professione anche l'aumento delle domande, stabili negli ultimi anni a 2 per ogni posto a bando. La disponibilità per la laurea in infermieristica, secondo Mastrillo, è comunque inferiore di 4.089 posti (-28%), rispetto alla richiesta di 31.147 di ministero della Salute e Regioni e i posti assegnati in più rispetto allo scorso anno sono "appena" 403 (+2,8%). La carenza maggiore (circa 2.500 posti) riguarda in particolare le Università di Lombardia e Veneto dove per gli infermieri è sempre allarme-organici.
Per la modalità di iscrizione ai corsi di laurea triennale, rispetto al passato migliora quella diretta via internet anche se otto Università non utilizzano la procedura di iscrizione all'esame di ammissione online: Catania, Catanzaro, Firenze, Messina, Napoli seconda Università, Perugia, Sassari e Siena. In questi atenei la domanda può essere presentata solo di persona o per posta, opzione esclusa a Messina e alla seconda Università di Napoli.
Ma c'è anche un'altra nota dolente: «La mancata indicazione in tempo reale del numero delle domande presentate sarebbe di grande aiuto per orientare gli studenti nella scelta del corso e dell'Università», spiega Mastrillo. Ma per ora, su 38 atenei, questo accade solo all'Università di Ferrara che pubblica giorno per giorno i dati sul numero di domande presentate per ogni corso.
Comunque, sulla domanda di ammissione è possibile indicare l'opzione per altri due corsi oltre a quello di prima scelta. Questo serve a poter essere "ripescati" nel caso che in alcuni corsi le domande o il numero dei partecipanti all'esame sia inferiore ai posti disponibili, anche se non sempre il meccanismo è sufficiente a garantire il fabbisogno di studenti: lo scorso anno, infatti, sono rimasti scoperti i corsi per tecnico audiometrista e assistente sanitario.
Ogni ateneo ha poi stabilito autonomamente la tassa di iscrizione. Stabile rispetto allo scorso anno, in media è di 40 euro (39 euro nel 2007-2008, quando però era aumentata del 9% circa), con il costo più alto alla Cattolica di Roma (95 euro), Milano S. Raffaele (70 euro), Ferrara e Bologna (60 euro). Il costo più basso invece è a Foggia con 15 euro. Ma quest'anno anche le Università di Ancona e Cagliari che non prevedevano alcun costo applicano una tassa di iscrizione di 25 e 20 euro.
Per la prima volta, infine, nessun ateneo pretende più la marca da bollo di 14,62 euro: l'ultima a richiederla lo scorso anno fu l'Università Varese Insubria.


Fonte: Il Sole 24 Ore

giovedì 21 agosto 2008

Classifica delle migliori 500 università del mondo stilata dalla Università di Shangai Jiao Tong




La classifica delle 500 migliori università del mondo tiene conto di diversi indicatori di qualità, quali il numero di riconoscimenti internazionali ottenuti dallo staff accademico, il numero delle pubblicazioni e delle citazioni, e la performance accademica in relazione alle dimensioni dell'istituzione. Ai primi tre posti assoluti si piazzano tre atenei a stelle e striscie: la Harvard University , la Stanford University e la Berkeley University of California. Un gradino sotto il podio, la britannica Cambridge. Seconda delle europee, Oxford la sua storica rivale, Nel mezzo altri istituti statunitensi. Tokio si piazza al 19, Londra al 22, precedendo Kioto e l'isituto tecnoloigico di Zurigo. Parigi è al 42 posto. Tra le prime 100, per il Vecchio Continente, che comunque nel complesso non eccelle, anche Utrecht, Copenhagen, Stoccolma Edimburgo, Monaco. Per trovare un ateneo italiano biosgna scendere al 132 posto con l'università di Milano, che precede di poco l'ateneo di Pisa e la Sapienza di Roma.

Vedi la LISTA.

venerdì 15 agosto 2008

UNIVERSITA': CONSORZIO ALMALAUREA, VERONA E' SOPRA LA MEDIA

Studenti che raggiungono la laurea a 24 anni e che sono soddisfatti del proprio percorso di studi.
E' quanto emerge dal decimo profilo dei laureati italiani curato da AlmaLaurea, il consorzio di atenei italiani con il sostegno del ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, che si pone come punto di incontro fra laureati, universita' e aziende.
L'indagine ha coinvolto 3337 studenti usciti dall'ateneo scaligero nel 2007, di cui 410 laureati prima della riforma. Dall'indagine risulta che l'86% dei laureati dell'Universita' di Verona si dichiara complessivamente soddisfatto del corso di studi (il 28% lo e' "decisamente").
Aumenta la regolarita' negli studi, che per i laureati di Verona e' piu' elevata della media nazionale: il 47% conquista il titolo in corso (con un 31% che si laurea al primo anno fuori corso) contro il 44,7% del complesso dei laureati. Nel passaggio dai laureati pre-riforma ai laureati triennali aumenta la quota di chi ha svolto tirocini e stage riconosciuti dal corso di studi.
I laureati dell'Universita' di Verona di primo livello coinvolti in tali esperienze sono il 71% (la media nazionale e' del 61%). "I dati di AlmaLaurea sono il frutto di una rilevazione statistica il cui significato non e' istantaneo ne' assoluto, va letto in rapporto alle dimensioni del campione ed alle tendenze che se ne colgono" spiega il Rettore Alessandro Mazzucco. "Oggi la presenza dell'Universita' di Verona e' consolidata ed e' rappresentata da un campione sufficientemente ampio per trarre qualche valutazione. In particolar modo si apprezza una chiara progressione della regolarita' degli studi, con una diminuzione dei laureati fuori corso. Questo dato, coniugato con il giudizio ampiamente positivo fornito dai laureati veronesi nei confronti dei corsi frequentati, esprime un apprezzamento consapevole delle attivita' formative erogate ed una soddisfazione per la propria scelta. Attendiamo i dati degli anni a venire, nel corso dei quali vi sara' la possibilita' di verificare i risultati dei provvedimenti attuati dal presente anno di corso in attuazione della legge 270, che conferiscono elementi di consistente miglioramento qualitativo ai nuovi corsi di laurea". L'indagine di AlmaLaurea ha coinvolto quasi 185mila laureati nel 2007 di 46 Atenei tra i 51 aderenti al Consorzio, tra cui Verona, AlmaLaurea commenta i risultati delle rilevazioni per i singoli Atenei. "Revisioni, modifiche in corso d'opera, aggiornamenti e correzioni di rotta proseguono alacremente nel cantiere sempre aperto delle riforme universitarie - commenta il direttore di AlmaLaurea Andrea Cammelli - In questi anni, aggiustamenti e migliorie non sono mancati, assieme a qualche ripensamento e ad alcuni ritorni al passato.

Fonte: AGI news

lunedì 4 agosto 2008

Stipendi d'oro ai professori universitari

Lavorano 3 ore al giorno: 10mila euro

Lavorano tre ore al giorno e arrivano a guadagnare 10mila euro al mese; vengono assunti in numero doppio rispetto alle necessità; per far carriera spesso vige il nepotismo più assoluto: non si tratta dei politici ma dei professori universitari.
Un'inchiesta condotta da Il Giornale mette in luce i bubboni delle nostre università scatenando, ovviamente, numerose polemiche. Secondo quanto scrive il quotidiano diretto da Mario Giordano le 77 università italiane sono in gran parte coi conti in rosso. Spesso si trovano al limite del commissariamento. E anziché tagliare sulla spesa corrente, preferiscono diminuire i fondi della ricerca. Ma è proprio sui conti ordinare che Il Giornale accende un faro: negli ultimi sette anni c’è stata una moltiplicazione delle cattedre. In pratica, sono stati banditi 13.232 posti da associato o da ordinario e poi creati 26.004 idonei. Nel 99,3% dei casi i concorsi hanno promosso candidati senza che l'ateneo avesse il posto per loro. E i costi per il personale sono lievitati a dismisura: quasi 300 milioni di euro per coprire le nuove qualifiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che già insegnavano nello stesso ateneo che però, avendo avuto l'idoneità per concorso, hanno diritto all'aumento di stipendio.Tutto questo succede grazie a una legge del '99 nata per superare un'emergenza e per abbattere i costi dei concorsi. Un'emergenza che è poi diventata normalità. Uno stratagemma, secondo il quotidiano, che serve per per assumere l’assistente "figlio di" oppure chi è stato al devoto servizio del prof ordinario per anni. Il meccanismo è semplice: l'università A non ha risorse per bandire un posto, ma un suo ricercatore, o un professore associato, fa in modo di essere dichiarato idoneo a un concorso nell'Università B: poi torna a "casa", l’ateneo crea la nuova cattedra e il gioco è fatto.

I privilegi dei prof

Secondo quanto denuncia Il Giornale, analizzando i dati della Ragioneria di Stato si scopre che il carico quotidiano per chi insegna nelle università è in media di 3 ore e 39 minuti per cinque giorni alla settimana. Un conteggio che tiene conto dell'insegnamento, delle sessioni d'esame, delle commissioni d laurea e del ricevimento degli studenti. Nelle tabelle di retribuzioni per i professori ordinari nel 2008 si scopre che un docente appena assunto percepisce 4.373 euro lordi al mese. A fine carriera, dopo 28 anni, arrivano ad essere 8221,39 euro. Rapido calcolo matematico: 283,49 euro l'ora.

Lo sdegno dei professori

E' ovvio che trattandosi di medie ci sono molti casi in cui la realtà e diversa. In una lettera 240 docenti ordinari appartenneti a 15 atenei nazionali hanno espresso il loro disappunto: "Se ovunque, specie all'università, la qualità dovrebbe prevalere sulla quantità, in realtà non basterebbero neppure le 24 ore giornaliere a tenere testa a quello che la coscienza del docente e l'immaginazione e curiosità del ricercatore che è in ognuno di noi ci spingono a fare, per l'evoluzione scientifica dei nostri studenti e l'aggiornamento e approfondimento delle conoscenze nei nostri settori disciplinari". Ma come abbiamo scritto, si tratta di medie e quindi ci saranno anche dei casi peggiori di quelli appena descritti.

Fonte: Tgcom

giovedì 31 luglio 2008

La scelta dell'Università dopo la maturità.


Finito il tour de force degli esami di maturità, molti neodiplomati si stanno godendo il meritato riposo.
Le vacanze di coloro che a settembre vogliono iscriversi a un corso universitario non potranno però durare in eterno: le facoltà a numero chiuso, infatti, ogni anno vedono ai nastri di partenza oltre 200 mila studenti, che devono passare il test di ammissione. Ma come si sceglie la giusta facoltà?
Come si fa a decidere qual è il giusto ateneo in cui studiare? Quali sono le opportunità di lavoro che ciascun indirizzo offre?

A cosa serve la preiscrizione

Gli studenti dell’ultimo anno delle superiori interessati all’accesso ai corsi di laurea universitari, ai corsi delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale, ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) o anche solo all’inserimento nel mondo del lavoro, quest’anno hanno avuto la possibilità – dal 28 marzo al 28 aprile – di ricorrere alla preiscrizione, utilizzando un apposito modulo disponibile sul sito web del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e presso tutte le scuole.
Il sistema della preiscrizione (stabilito dal MIUR con il decreto ministeriale del 28 marzo 2008) non vincola in alcun modo lo studente, che al momento dell’iscrizione vera e propria è libero di scegliere altro, rispetto ai tre corsi indicati nel modulo di preiscrizione; il suo scopo è invece quello di permettere agli atenei di predisporre iniziative e attività di orientamento in base alla scelta dei corsi di laurea o di diploma accademico e di consentire un’adeguata programmazione dell’offerta formativa e dei servizi destinati agli studenti, come informazioni sulle opportunità di tirocini formativi, sulle disponibilità delle strutture didattiche e dei servizi dedicati agli studenti, sull’adeguata preparazione iniziale richiesta per il corso prescelto e, se necessario, sulle modalità di verifica, nonché sulle eventuali attività formative propedeutiche.

Corsi di laurea a numero chiuso

Con la legge n. 264 del 1999 l’Italia si è adeguata al sistema del numero programmato, piuttosto diffuso in molte istituzioni universitarie europee, regolamentando l’accesso ad alcuni corsi di laurea con un test di ammissione.
Lo scopo del cosiddetto “numero chiuso” è duplice: da un lato, quello di equilibrare il rapporto tra numero di studenti e qualità e capacità delle strutture universitarie che li accolgono, dall’altro quello di regolare l’offerta di professionalità richieste dal mercato.
Per ogni corso a numero chiuso viene pubblicato un bando di concorso nel quale vengono indicati il numero dei posti disponibili, i termini di iscrizione, la data e le modalità di svolgimento della prova di ammissione.
A partire dal mese di agosto i bandi sono normalmente reperibili presso le segreterie delle università, mentre le prove di selezione si tengono, solitamente, nelle prime settimane di settembre.
Dato che l’accesso al corso è condizionato dal superamento del test, è sempre consigliabile preiscriversi ai test di ammissione in più sedi e sostenere più prove, in modo da aumentare le probabilità di successo.
La scelta dell’ateneoIn Italia sono 60 gli atenei statali e 13 quelli non statali (a cui si aggiungono tre atenei che offrono un’area di studio unica) che, grazie ai nuovi obblighi sulla trasparenza e i “requisiti necessari” previsti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, hanno cominciato a competere su temi come docenza, organizzazione della didattica e ricerca.

La scelta del corso di laurea

I corsi offerti dalle università italiane oggi sono circa un centinaio, alcuni molto diffusi, altri che si tengono invece in pochi atenei.
Prima di scegliere il corso che si ritiene adatto alle proprie inclinazioni, è bene informarsi in modo approfondito sulle sedi in cui ogni corso è attivato, sul percorso universitario, sulle prospettive professionali che si aprono alla fine degli studi.
Da valutare è anche la possibilità di scegliere un diploma universitario, nato per fornire una preparazione di livello universitario, finalizzata però a un immediato e operativo inserimento nel mondo del lavoro.
I siti internet che offrono sistemi per valutare i propri interessi sono molti. Tra quelli istituzionali bisogna segnalare il portale del MIUR, realizzato per orientare i ragazzi interessati all'iscrizione all'università e nella scelta del corso di studi che più risponde ai loro interessi, e il sito del Ministero dell’Istruzione, che fornisce la Guida all’Istruzione Superiore e alle Professioni, pubblicata in formato .pdf. Per individuare la facoltà più appropriata su base geografica, invece, è disponibile CercaUniversità, un servizio sponsorizzato dal Ministero che aggrega le ricerche possibili che riguardano l'Università, dai corsi di laurea ai finanziamenti, dai docenti agli studenti universitari, dai bandi alle statistiche.
Per coloro che spingono lo sguardo anche oltre i confini italiani, l’Università di Bologna offre una guida a tutte le università presenti nel mondo, completa di link e informazioni utili.

Come studiare e come scegliere

Su Internet o sui libriI siti online che offrono test di ammissione, manuali di sopravvivenza, scambi di opinioni e consigli sono numerosi, ma non sempre sono affidabili.
Se Internet è diventata senza dubbio la più grande fonte di notizie, è anche vero che non è sempre aggiornata. Analizzando alcuni siti che offrono la possibilità di effettuare gli esami di ammissione, ad esempio, abbiamo trovato un test per la facoltà di giurisprudenza chiaramente datato: alla domanda “quanti paesi fanno parte dell’Unione Europea?” dava come risposta esatta “15”, sebbene sia dal 2004 che i paesi membri non sono più 15 (e dal 2007 sono ben 27). Dunque, è essenziale non prendere per oro colato ciò che circola in rete. L’alternativa a Internet è la libreria: i volumi sull’argomento sono numerosissimi, da quelli che aiutano a prepararsi per i test (ma occhio all’anno di edizione, bisogna scegliere sempre i più aggiornati!), a quelli che forniscono un orientamento alla giusta facoltà, la scelta è vastissima.

martedì 29 luglio 2008

Lotta al posto letto nelle Università italiane

Gli studenti fuori sede sono almeno 600 mila, ma solo 50 mila trovano alloggio nei campus.
Bloccato dalla burocrazia il piano straordinario Case per studenti: l'Italia è ultima in Europa.Bamboccioni, mammoni, belli di casa. È vero, i giovani italiani sono quelli che restano più a lungo in famiglia, approfittando dei sughi di mamma e della macchina di papà. Siamo così, l'anima di un popolo non è facile da cambiare. Ma almeno per chi dopo la scuola sceglie l'università non è solo questione di pigrizia. Siamo il Paese con il più basso numero di posti letto nelle residenze universitarie, un primato che nessuno ci invidia. Otto anni fa, in pompa magna, abbiamo lanciato un piano straordinarioche ha cambiato le cose dello zero virgola. E che rappresenta un monumento all'inefficienza del nostro Paese.
LA MAPPA DEI POSTI - In Italia campus e residenze universitarie mettono a disposizione circa 50 mila posti. Briciole rispetto al numero degli iscritti ad un corso di istruzione superiore, che sono un milione e 800 mila. Copriamo solo il 2,7 per cento del totale. Agli altri non resta che rimanere a casa di mamma e papà, oppure infilarsi nel tunnel delle stanze ammobiliate, che poi vuol dire affitto in nero ed evasione fiscale. Guardare cosa succede negli altri Paesi europei è avvilente. In Gran Bretagna il college non riguarda solo le élite di Oxford e Cambridge ma uno studente su tre: coprono il 29 per cento della popolazione universitaria. In Francia sono al 16 per cento, in Germania al 12, in Spagna all'8 per cento. Non c'è paragone con noi e non è solo questione di numeri. Le residenze universitarie sono democratiche. La retta è più economica di un affitto e apre le porte delle università anche a chi non può campare sulle spalle dei genitori. Sono tanti se si pensa che un figlio che studia fuori sede costa intorno ai 12 mila euro l'anno. Oltre che democratici i campus sono un'ottima materia di studio. Vivere da soli, cucinare, lavare, fare la spesaè il modo migliore per imparare ad organizzare il proprio tempo. Ed organizzare il proprio tempo è una delle cose più importanti nella formazione del lavoratore del domani. A chi ha imparato un libro a memoria, e dopo sei mesi ha dimenticato tutto, le aziende preferiscono chi sa risolvere problemi. E vivere da soli è un'ottima palestra per imparare a farlo.
IL PIANO STRAORDINARIO - Forse con questo nobile obiettivo, nel 2000 l'Italia ha lanciato un piano straordinario che avrebbe dovuto portare nel giro di quattro anni a raddoppiare il numero dei posti letto. Ebbene, di anni ne sono passati otto e quel piano voluto dall'allora ministro dell'Università Ortensio Zecchino si è concluso con un mezzo fallimento. I posti non sono raddoppiati ma cresciuti del 20 per cento e siamo sempre in fondo alla classifica europea. Da 42 mila siamo arrivati a 50 mila. Non solo. La crescita effettiva potrebbe essere in realtà inferiore perché buona parte dei nuovi posti letto, pur realizzati, non sono ancora utilizzabili. Insomma, dopo otto anni i posti in più davvero disponibili sarebbero 1.950, un ancora più misero 5 per cento. Della questione si è occupata anche la Corte dei conti che sull'attuazione di quel piano ha concluso da poco un'indagine conoscitiva. «Non è chiarito — si legge nella relazione — se i nuovi alloggi siano effettivamente operativi, dato che non sono pervenute attestazioni puntuali in ordine all'effettiva agibilità delle strutture». C'è un altro modo per guardare al fallimento del piano straordinario. Lo Stato, in varie tranche, ha messo a disposizione 380 milioni di euro che avrebbero dovuto finanziare al 50 per cento le opere realizzare dalla varie università. In otto anni sono stati spesi solo 40 milioni di euro, l'11 per cento. Come è possibile?
COSA NON HA FUNZIONATO - È la stessa Corte dei conti a riconoscere il «modesto grado di attuazione» dell'intervento straordinario per le residenze universitarie. E a ripercorrere le tappe di un processo che ci porta dritti nel labirinto della burocrazia. Il piano «urgente», sottolinea la Corte, è «partito in realtà oltre quattro anni dopo» l'annuncio. La legge viene approvata nel novembre del 2000. Un anno se ne va per la pubblicazione dei bandi, i termini per la presentazione delle domande vengono prorogati più volte perché all'inizio nessuno si muove. Poi arriva la commissione incaricata di valutare le richieste e di anni ne volano via altri due. Il primo piano triennale viene presentato nel marzo 2005, 1.600 giorni dopo l'approvazione della legge. Il primo pagamento è arrivato nel dicembre 2006, più di sei anni dopo. Inevitabile che a qualcuno siano cadute le braccia. Su 169 progetti presentati, la commissione nominata dal ministero ne ha approvati 139, quasi tutti (l'87%) per le regioni del centro nord, quelle che richiamano più studenti dal resto del Paese. Di quei 139, in quindici hanno rinunciato. Dall'università di Macerata a quella di Firenze, da quella di Pavia a quella di Padova hanno detto no allo Stato che regalava la metà dei soldi necessari per rimettere a posto vecchi studentati. Se sono arrivati a tanto è proprio perché le procedure per accedere ai fondi somigliavano ad un labirinto. Anche se con linguaggio felpato, la Corte dei conti sottolinea una «anomala velocità di spesa, rallentata anche dai modi di assolvere gli adempimenti tecnico-burocratici». Non solo. I magistrati richiamano anche il ministero dell'Università che non ha collaborato come dovuto. E in particolare «il servizio di controllo interno che, nonostante i ripetuti solleciti, ha omesso di fornire riscontri e valutazioni coerenti con i quesiti formulati dalla Corte». Un fallimento che i responsabili non vogliono neppure spiegare. L'unica buona notizia è che adesso ci riproviamo. Per utilizzare quei 340 milioni di euro rimasti in cassaforte, il ministero dell'Università ha bandito all'inizio dell'anno un secondo bando per le residenze universitarie. Una «iniziativa da valutare positivamente, secondo la Corte dei conti che questa volta confida in tempi più rapidi. La stessa speranza dei bamboccioni e delle loro famiglie.

Fonte: Corriere della Sera

venerdì 25 luglio 2008

Laurea "lunga" e laurea triennale. Quanti trovano lavoro?

Nel 2007, a circa tre anni dal conseguimento del titolo, il 73,3% dei laureati in corsi lunghi svolge un’attività lavorativa, il 14,1 è in cerca di occupazione, mentre il 12,6%, pur non lavorando, dichiara di non essere alla ricerca di lavoro.
La quota di occupati tra i laureati nei corsi triennali, pari al 73,1%, è sostanzialmente simile a quella dei laureati in corsi lunghi. Viceversa, è più contenuta la quota di giovani in cerca di lavoro (12,2%).
In prima battuta, si delinea, quindi, un migliore inserimento occupazionale per i laureati in corsi brevi, che registrano un tasso di disoccupazione più contenuto (14,3% rispetto al 16,1%).
I laureati nei corsi lunghi sono invece più favoriti nel trovare un lavoro continuativo dopo la laurea (sono il 56,2% contro il 48,5% dei laureati "triennali"). In effetti, l’occupazione tra i laureati in corsi brevi è maggiormente caratterizzata dalla presenza di studenti lavoratori, cioè, di persone impegnate in lavori iniziati prima del conseguimento del titolo.

Fonte: ISTAT

Università: la classifica 2008 de "Il Sole 24 Ore". L'Università di Verona è alla 36esima posizione.

Anche quest'anno il quotidiano economico Il Sole 24 Ore presenta la sua classifica delle università italiane.La classifica è stata stilata in base a criteri che spaziano dall'impegno nella ricerca agli aspetti più importanti della didattica e dell'organizzazione.È da segnalare che l'ampliamento dei parametri rispetto alle indagini degli anni scorsi porta all'evidenza che la variabilità degli atenei in testa alla classifica è molto bassa.Il primo posto del 2008 spetta al Politecnico di Milano, con 721 punti ottenuti. L'ultimo invece è quello dell'Università degli Studi di Napoli "Parthenope", con solo 164.

Università statali:
1. Politecnico di Milano - 721
2. Università degli Studi di Trieste - 713
3. Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - 708
4. Università di Pavia - 677
5. Università degli Studi di Trento - 666
6. Politecnico di Torino - 657
7. Università degli Studi di Ferrara - 634
8. Università degli Studi di Genova - 601
9. Università degli Studi di Firenze - 600
10. Università degli Studi di Perugia - 595
11. Università per stranieri di Siena - 578
12. Università degli Studi di Padova - 591
13. Università degli Studi di Siena - 578
14. Università degli Studi di Parma - 576
15. Università degli Studi del Piemonte Orientale - 567
16. Università degli Studi di Napoli II - 566
17. Università degli Studi dell'Aquila - 558
18. Università Politecnica delle Marche - 557
19. Università IUAV di Venezia - 553
20. Università di Pisa - 550
21. Università degli Studi di Udine - 546
22. Università degli Studi del Sannio - 532
23. Università degli Studi di Camerino - 521
24. Università degli Studi di Torino - 520
25. Università degli Studi dell'Insubria - 519
26. Politecnico di Bari - 518
27. Università di Bologna - 495
28. Università "Ca' Foscari" di Venezia - 477
29. Università degli Studi della Tuscia - 476
30. Università degli Studi di Urbino - 470
31. Università degli Studi di Napoli Federico II - 468
32. Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" - 462
33. Università degli Studi di Brescia - 460
34. Università degli Studi della Basilicata - 440
35. Università degli Studi di Milano - 428
36. Università degli Studi di Verona - 420
37. Università degli Studi di Reggio Calabria - 403
38. Università della Calabria - 402
39. Università degli Studi di Salerno - 398
40. Università degli Studi di Milano-Bicocca - 397
41. Università di Bergamo - 395
42. Università degli Studi del Molise - 379
43. Università degli Studi Roma Tre - 375
44. Università degli Studi di Foggia - 365
45. Università degli Studi di Cassino - 354
46. Università degli Studi di Catania - 354
47. Università degli Studi di Sassari - 348
48. Università degli Studi di Catanzaro - 340
49. Università degli Studi di Cagliari - 340
50. Sapienza Università di Roma - 337
51. Università degli Studi di Messina - 322
52. Università degli Studi di Bari - 321
53. Università degli Studi di Macerata - 312
54. Università del Salento - 288
55. Università degli Studi di Teramo - 278
56. Università per stranieri di Perugia - 277
57. Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" - 277
58. Università Gabriele D'Annunzio - 257
59. Università degli Studi di Palermo - 255
60. Università degli Studi di Napoli "Parthenope" - 164

Fonte: Wikinotizie
Per maggiori informazioni: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2008/07/universita-classifica-atenei.shtml?uuid=75c7193e-5177-11dd-90df-241f4324bf97&type=Libero

lunedì 21 luglio 2008

Richiesta Benefici on-line per il diritto allo studio - A.A. 2008/2009

Procedure per la richiesta di benefici per il diritto allo studio a.a. 2008/2009:

- Borsa di studio e posto alloggio: scadenza 03.09.2008
- Solo borsa di studio: scadenza 30.09.2008
- Collaborazioni studentesche 150 ore: scadenza 30.09.2008
- Riduzione dei contributi: scadenza 15.12.2008

Per scaricare i vari bandi e procedere alle domande on-line clicca qui:
http://www.univr.it/main?ent=servizioaol&idDest=1&sServ=56&serv=51

venerdì 18 luglio 2008

UNIVERSITA' DI VERONA, partono le preiscrizioni e le immatricolazioni A.A. 2008/09

8 facoltà, 65 corsi di laurea, oltre 35 master.
E un sicuro domani nel mondo del lavoro.
Sono partite il 15 luglio le iscrizioni per l’Anno Accademico 2008/2009 dell’Università degli studi di Verona che proprio quest’anno festeggia 25 anni di autonomia.
Perché studiare a Verona?
L’Università è strutturata in 8 facoltà per un totale di 65 corsi di laurea, 41 scuole di specializzazione, oltre 35 master e vari corsi di perfezionamento e di aggiornamento professionale, nonché scuole di dottorato.
Un ateneo dinamico dove prevale soprattutto il rapporto diretto con la comunità accademica.
Un’Università legata profondamente al territorio: l’Ateneo scaligero, infatti, risulta essere il primo in Italia per raccolta fondi da privati, a testimonianza della credibilità che gode in seno al mondo imprenditoriale.
Un’eccellenza sottolineata anche dalla posizione conquistata nella classifica dei Grandi Atenei, quelli con iscritti tra i 20 e i 40 mila, dopo un solo anno di permanenza.
L’Università veronese risulta 4° assoluta.
Inoltre, orientamento, stage, relazioni internazionali, borse di studio ed esoneri tasse, aule multimediali, biblioteche, centri d'Ateneo e di ricerca scientifica, sono alcuni dei fiori all’occhiello dell’ateneo che ha numerose sedi dislocate su tutto il territorio, non solo veronese.
Un centro pulsante di ricerca e cultura che interagisce in modo armonico con la comunità veronese e la rete universitaria veneta.
L’ateneo, anche in collaborazione con l’Ente per il diritto allo studio, offre servizi che aiutano gli studenti a vivere al meglio l’esperienza di studio: alloggi, mense, attività culturali e sportive.
E tra i motivi principali per cui scegliere l’ateneo scaligero c’è, inoltre, la possibilità di ottenere velocemente lavoro dopo il titolo di studio.
I dati riportati dal Consorzio Almalaurea, in una ricerca sulla condizione dei laureati triennali dell’Università di Verona nel 2007, sono chiari: un tasso di occupazione superiore alla media nazionale e uno stipendio medio di 1083 euro netti al mese. I neolaureati di primo livello dell’ateneo di Verona coinvolti nell'indagine sono stati 2.114. Ad un anno dal conseguimento del titolo, i laureati triennali presentano un tasso di occupazione pari al 70,5%, contro il 48,5% del totale degli atenei.
Ricerca scientifica, internazionalizzazione, formazione, servizi agli studenti e valorizzazione del patrimonio di risorse umane, finanziarie e strutturali sono le aree che fanno dell’ateneo scaligero un’università di livello europeo. La ricerca scientifica conta su oltre 45 corsi di dottorato di ricerca e su finanziamenti per il 2008 di 3.052.000 euro destinati al funzionamento di dipartimenti e istituti, 2.400.000 euro per gli studi e le ricerche di ateneo, 60 mila euro per la tutela dei brevetti. Prestigiosi sono i Joint Projects, i progetti di ricerca congiunti con imprese ed enti per accrescere l’innovazione scientifica e lo sviluppo tecnologico.
L’ateneo guarda anche all’Europa, in particolare per l’attuazione della politica comunitaria di ricerca e sviluppo tecnologico, per cui ha investito 1.744.548 euro nel 2007. Gli accordi con le altre università europee sono 230 di cui 45 di cooperazione didattico-scientifica con sedi extra europee. Sono 350 gli studenti veronesi che hanno seguito un periodo di formazione all’estero nell’anno accademico in corso e 250 gli studenti stranieri, provenienti da atenei europei ed extra europei, tra cui Stati Uniti, Australia e Brasile, che hanno scelto Verona per la loro formazione all’estero.

Fonte: http://www.store.univr.it/immatricolazioni2008/immatricolazioni2008.htm

venerdì 4 luglio 2008

NASCE IL NUOVO BLOG DELL'UNIVERSITA' DI VERONA



LA STORIA DELL'ATENEO VERONESE

A Verona, all'inizio degli anni Cinquanta, un gruppo di intellettuali cattolici diede vita alla Libera Scuola Superiore di Scienze Storiche "Ludovico Antonio Muratori" unitamente alla rivista "Nova Historia".
Fu da quel gruppo di studiosi che scaturì la volontà di far nascere a Verona una Università.
L'idea prese corpo nel febbraio del 1959 quando l'allora sindaco, Prof. Giorgio Zanotto , pose come ordine del giorno della seduta del consiglio comunale "l'istituzione in Verona di una Facoltà universitaria di Economia e Commercio".
Al progetto aderirono con entusiasmo l'Amministrazione Provinciale e la Camera di Commercio.
Si crearono, così, la Libera Facoltà di Economia e Commercio e il Consorzio per gli Studi Universitari per la gestione della stessa.
Nell'estate del 1959 il progetto prese forma.
Fu fissata la sede all'interno di Palazzo Giuliari, donato dalla contessa Giuliari Tusini e attuale sede del Rettorato. In seguito, iniziarono le iscrizioni e il 1 novembre dello stesso anno si tenne la cerimonia di inaugurazione della nuova Facoltà.
Tuttavia, il mancato riconoscimento governativo dell'iniziativa bloccò le aspettative di tutti, dagli enti pubblici veronesi agli studenti stessi. Le autorità cittadine cercarono immediatamente una soluzione e nel 1963 arrivò. L'Università di Padova riconobbe, infatti, la Facoltà di Economia e Commercio come sua Facoltà con sede distaccata a Verona. Nel luglio del 1963 fu, così, discussa la tesi del primo laureato della neonata Facoltà veronese. In poco tempo Padova decise di trasferire a Verona anche le sezioni distaccate di Medicina e Chirurgia e di Magistero, divenuta oggi Lettere e Filosofia.
Il progetto da cui ha avuto inizio la storia dell'Ateneo scaligero ebbe la sua concreta e definitiva realizzazione nel 1982, quando le autorità governative concessero a Verona l'autonomia e la statizzazione del suo Ateneo. Grazie al prezioso supporto e alla stretta collaborazione dei rappresentanti delle principali istituzioni pubbliche e private, governative, regionali e locali e grazie anche all'apporto di validi docenti, l'Ateneo veronese è cresciuto nel tempo arrivando alle odierne otto facoltà: Economia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature Straniere, Medicina e Chirurgia, Scienze della Formazione, Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e Scienze Motorie.
Sotto la spinta della recente riforma degli ordinamenti didattici, l'Ateneo scaligero propone oggi numerosi e innovativi corsi di laurea, sia triennali sia specialistici, senza dimenticare l'offerta post-lauream, offrendo agli studenti un'ampia e curata scelta formativa, adeguata al cambiamento dei tempi e sempre attenta alla qualità degli insegnamenti.
In questi ultimi anni l'Università di Verona sta organizzando i propri spazi in Cittadelle legate alle aree culturali e di ricerca cui afferiscono le diverse Facoltà. Nel cuore del centro storico cittadino, oltre agli uffici amministrativi e al Rettorato, si è sviluppata la Cittadella della Cultura che prevede un'implementazione grazie al restauro di una parte dell'ex Caserma Santa Marta; a sud della città è situata la Cittadella della Scienza mentre la Cittadella della Giustizia si avvarrà presto di nuovi spazi nel centro cittadino. Infine, la Cittadella dello Sport vanta la presenza di strutture quali un nuovo Palazzetto per accogliere studenti ma anche cittadini. Inoltre l'utilizzo di alcune antiche dimore storiche come Villa Lebrecht a San Floriano - sede del Corso di laurea interateneo in scienze e tecnologie viticole ed enologiche - ha permesso ad alcuni corsi di trovare la giusta collocazione. D'altra parte, certo, l'Università di Verona non dimentica il forte legame con il territorio che la ospita. Infatti i corsi dell'ateneo scaligero sono oggi anche dislocati fuori dalle mura cittadine in località come Legnago, Vicenza, Bolzano, Trento, Ala e Rovereto.

Fonte: http://www.univr.it/


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